Mozart Glam

Luca Scarlini

www.moz@rt.com
World Wide Mozart: vita, marzapani e musiche di una rockstar
Seconda stesura Sesto Fiorentino e treni vari (in ritardo) tra Nord e Centro, 11 dicembre 2005

Sul tetto di un grattacielo a Shangai, sullo sfondo immagini ossessive su uno schermo grande con un panorama, la Mozart TV continua a lanciare immagini a getto continuo di prodotti mozartiani (cibi soprattutto, ma anche oggetti diversi, linee per la scuola, con una netta predilezione per zaini e affini e, perché no, intimi, assorbenti, etc), accompagnati da musiche mozartiane, in basso sullo schermo c’è il logo della televisione che, ovviamente, occhieggia a quella di MTV e poi si trasforma in un’immagine a tutto campo che diventa sempre più minacciosa, per una durata almeno di quattro minuti, finché Mozart esplode, rivolgendosi al pianista-tastierista

Mozart: Questi provini non fiscono mai. L’ultima era bravissima… ma a muggire e questo d’altra parte andava benissimo con il suo fisico da centrale del latte, ma di cantare non era proprio capace. Che gli viene in mente a quelli dell’agenzia? (Il tastierista lo guarda ironicamente). Sì, lo so. Ho capito che è la nipote del sindaco e che devo essere gentile perché ci ha dato il permesso di girare qui dove non si potrebbe, ma c’è un limite a tutto. Comunque bisogna cambiare sistema: un giorno intero di provini ammazzerebbe anche un bisonte. (Pausa. Guarda per un attimo la televisione, che continua a proporre oggetti di ogni tipo, riprende lo stesso tono di critica) Ho capito che ci danno un sacco di soldi, lo so che mi regalano tutti i vestiti per la tournée dell’anno prossimo in Alaska e nello Sri Lanka, ma questi qui della MozartTV mi sfiniscono, mi sembra di essere un prodotto: alla fine sono diventato anch’io un marchio e basta.

Il tastierista strimpella gli accordi della Kleine Nachtmusik, improvvisando e poi passando a qualcosa di decisamente pop dove ogni tanto si riconoscono quelle stesse note, tra lui e Mozart c’è una relazione complessa, il pianista smentisce sempre, per partito preso, le dichiarazioni categoriche dell’altro, le mette alla berlina.

Mozart: Sì, prendi in giro anche. Oh, guarda, dico a te: lo so che per te sono tutti capricci da artista e che la cosa importante è il conto in banca che cresce alla fine del mese, ma queste sono cose fondamentali, non ti fai mai domande? Per esempio perché sto sul tetto di questo grattacielo, al gelo, aspettando che le televisioni di tutto il mondo mi vengano a riprendere? Certi giorni mi blocco mentre eseguo un passaggio che conosco a memoria e dico: ma chi me lo fa fare? Non mi conveniva fare il benzinaio a Salisburgo? Per chi lo faccio: per mandare un album di cartoline alla mamma e al papà? Poi, però, cambio idea, perché mi viene in mente: ma ti rendi conto, hanno preferito questo al solito concerto di capodanno da Vienna, quello che faccio gli anni dispari, dove mi tocca vestirmi da pinguino, che poi vengo malissimo in fotografia, il frac mi fa una pancia che sembro una mongolfiera. Si capisce, se voglio vendere i dischi, devo essere sempre giovane, giovanissimo e i vestiti da pinguino non mi donano proprio. Mi vedranno tutti da Shangai. Meno male che ho sempre rifiutato di farmi il lifting, che se no somigliavo a uno dei miei cloni, che sono già tirati a sedici anni. La prossima settimana c’è anche il festival a Helsinki, con tutti gli imitatori che si presentano a stringermi la mano, prima dell’inizio del concerto, dio che cosa ridicola e devo anche sorridere per le telecamere. Per mantenermi giovane io ho sempre preferito la filosofia tibetana. Con i ritratti comunque è sempre un casino, anche perché vanno in giro certi sgorbi che non mi assomigliano per niente. Lo sai, no, che a Salisburgo hanno fatto perfino la Lex Mozart? Se io non li autorizzo, vuol dire che non sono autentici.

Il tastierista risponde con gli accordi di Non più andrai farfallone amoroso da Le Nozze di Figaro, è evidente che non gli vuole parlare per niente al mondo, sa benissimo tutto quel repertorio di sfoghi e capricci e per questo ha imparato che la soluzione migliore è ignorarlo, lasciar correre, fargli sentire la sua musica, che è l’unica cosa che lo calma, e come sempre userà la musica per fornire risposte dirette alle intemperanze della rockstar e sbeffeggiarlo nei momenti in cui lo ritiene opportuno; alla fine del brano gli fa un cenno.

Mozart: Senti, a quella dì di no tu, non vale la pena di sprecare tempo a sentirla, ho preso da Internet due minuti del suo cd e faceva accapponare la pelle, sembrava una gallina con l’indigestione, dille che la terrò presente quando a Vienna danno l’opera tratta da L’esorcista. (Il tastierista storce la bocca) Scherzo. (Pausa) L’unica cosa che mi piace della Mozart TV, è quando fanno vedere i clip di me bambino, ero la star dei Mozart 5, con papà che suonava le tastiere, mia sorella Nannerl il violino elettrico e io che improvvisavo su qualunque tema e su qualsiasi strumento e poi cantavo con una voce d’angelo. Dio quelle tournée scalcinate, con i camerini sporchi e le stanze umide: erano un incubo, certo, ma almeno stavamo insieme e mi è rimasta sempre una gran nostalgia. In provincia stavamo su certi palcoscenici pieni di crepe e di polvere da non credere: papà dava l’attacco e io e Nannerl entravamo all’unisono, su di lei c’era una luce gialla e la mia era azzurra, prima suonavamo, poi ci mettevamo a cantare e infine a ballare, poi Nannerl scompariva e c’ero solo io al centro del palcoscenico. (Pausa) Però a un certo punto abbiamo dovuto smettere, perché una volta la mamma esplose, dopo che avevamo fatto l’ennesimo giro per promuovere il nuovo CD: Wolfi in Heaven and The magic Flute; beh sì, quello era il mio periodo psichedelico. Una mattina, che eravamo a Parigi in un albergo particolarmente faticoso, pieno di scale curve e senza ascensore, con due minuti appena per fare i bagagli prima di scappare via diretti a altri concerti, la mamma cominciò a urlare: “io sudo, sudo, un gran sudore mi cola sulla faccia per la fatica di fare i bagagli, che il diavolo si porti i viaggi, mi sa che mi dovrò cacciare i piedi in bocca per la stanchezza” e poi crollò a terra battendosi i pugni sulla testa. La mamma non aveva mai sopportato i viaggi lunghi, quelli brevi andavano benissimo, ma lei soprattutto era contenta quando restava a casa a organizzare le cose di tutti, faceva anche le mappe dettagliate degli itinerari, poi metteva tutto con precisione scientifica dentro bauli enormi. (come ripetendo l’intonazione di lei) Ogni cosa al suo posto, un posto per ogni cosa. I viaggi lunghi buttavano per aria il suo ordine e lei si arrabbiava come una matta con il personale degli alberghi. Qualche volta, per la disperazione le veniva da piangere, se perdeva una serie di lenzuola di lino di Fiandra. E lì finirono le tournée di famiglia e poi chi li ha visti più (pausa), al massimo a Natale, per il compleanno di papà che ci tiene ancora, ma in fondo ci vediamo sempre meno, e la mamma che mi ripete sempre che non le faccio più preparare i i bauli, perché ci pensano quelli del mio management. Però peccato… Da allora è stata tutta una sequenza di lettere, che spesso si perdono, telefonate a cui non posso rispondere perché provo o registro, email inevase che ho sempre meno tempo di leggere. A quell’epoca non avevo ancora una televisione mia, venivano un sacco di telecamere a riprendermi, avevo un modo di suonare unico, davvero unico. Io suonavo, suonavo e papà parlava, parlava, fino allo sfinimento, spiegava le cose al pubblico, ma soprattutto diceva che tutti dovevano comprarmi: me, i dischi, le magliette, il merchandising. Poi io ero stanco, uno straccio da buttare, ma allora lui di parole non ne aveva più, dava i suoi comandi e voleva che venissero eseguiti con la massima velocità possibile (si blocca, si accorge che il tastierista lo sta fissando con troppa intensità).

Sullo schermo, a seconda dell’impostazione registica, parte un rimando all’estetica del cartoon dei Simpson dalla Margical History Tour con il compositore che si bea delle proprie intemperanze giovanili, applaudendo quando Bart suona con il sedere la Marcia turca.

Dio quanto mi divertivo allora, poi (prende il cellulare dalla tasca), il massimo dopo tutti i concerti era prendere il telefono, fare il numero di mia cugina in Australia, dove è la responsabile del locale Mozart management e dirle tutto, parlarle di quella fan che mi aveva tirato il reggiseno in testa per cui a momenti sbagliavo un accordo, di quell’altra che era riuscita a superare il servizio d’ordine rischiando grosso, per regalarmi una maglietta che aveva fatto lei con sopra il mio ritratto e la scritta: Wolfi B Divine! o quando c’era stato quel ragazzo che si era scalato i fari a trenta metri di altezza per buttarmi addosso petali di rose quando cantavo la sua canzone preferita (accenna un motivo non riconoscibile all’inizio, si capisce poi che è l’inizio della Jupiter, che il pianista riprende, Mozart prende in mano il cellular,e cerca un numero nella rubrica) (come se parlasse al telefono) : Ciao Tekla, tutto bene, tesoro, sì un successo, sì, come? Già, hai ragione, ti devo fare il riassunto: due reggiseni in piena faccia al tastierista con dentro dei post-it con i cellulari di due signorine interessanti, che quel marpione si è ben guardato di passarmi (lo guarda con intenzione); mi sono buttato dal palco con la spinetta su una rete elastica e sono rimbalzato indietro: il pubblico era in delirio, i bodyguards meno. (pausa) Mi ricordo di quella volta quando le dicevo tra le risate che non avevo ricevuto in tempo la mail con la lista dei brani nuovi da papà, e mi era toccato di improvvisare metà della scaletta. Ma era tanto tempo fa: prima che papà mollasse la mia agenda degli impegni al Mozart Management e andasse in pensione; allora mi potevo ancora prendere del tempo per scherzare. (Pausa) Amatissima cuginetta coniglietta, non ho potuto allungare le sgrinfie strinfie anche sulla lettera sguercia del mio papà ahaah. Spero che tu abbia ricevuto nonché grattugiato lo scritto inzuppato che ti ho mandato. E andavo avanti per ore, finché finiva il credito nel cellulare, e allora passavo al telefono dell’albergo e poi era già l’alba, accendevo il palmare e scrivevo mail su mail che erano piene di abbozzi di partiture. Papà protestava sempre, diceva che spendevo troppo, ma io ho sempre avuto le mani bucate e lui protestava comunque, o per questa o per un’altra cosa cambiava poco. (Pausa) La verità vera è che io e papà non ci siamo mai conosciuti. Lui mi comandava e io eseguivo i suoi ordini, finché ho potuto, finché non ce l’ho fatta più e mi sono ribellato e siamo rimasti così: due estranei che si abbracciano con finto calore a Natale e a Pasqua, sempre troppo preoccupati di rispettare le forme per lasciarsi andare; beh è difficile sciogliersi di fronte alle telecamere. Tutto questo è finito, per sempre, l’unico divertimento ora è scegliere gadgets nuovi da mettermi. Nel secolo scorso c’era quel cantante kitsch, Elton John, che aveva una collezione di un milione di paia di occhiali. Io, invece, raccolgo parrucche, dovunque andiamo ne compro altre dieci. (Va a un baule lì vicino, ne tira fuori varie coloratissime, oppure finge di rovistare tra di esse, alla fine ne sceglie una afro, si volta) Che ne dici? Come sto? Yo, man!

Il tastierista non scuote nemmeno la testa, si limita a strimpellare le prime note della Sinfonia dei giocattoli, tanto quella sequenza di depressione e esaltazione ormai l’ha vista anche troppe volte, Mozart si toglie la parrucca.

Mozart: (improvvisamente petulante, con un’ombra di infantilismo nell’articolazione delle sue parole) Certo che non te non c’è proprio soddisfazione. Eppure non puoi dire che mi ripeta: però che io mi metta la parrucca Escalation o quella che si chiama Grandeur, che poi me la fanno sempre togliere perché è un problema per l’inquadratura da quanto è grossa, tu resti sempre come un baccalà. Perfino quella volta che in Brasile mi era venuto il capriccio di mettermi La regina d’Africa, che è alta quasi due metri, con tutte le piume, tu niente. (ancora più petulante) Mia cugina Tekla mi diceva sempre “ma quanto sei vanesio, Wolfi, la gente viene per sentire la tua musica, non per vedere te, basta che ti metti la parrucca della televisione, cosè ti riconoscono e poi puoi anche andare in scena nudo con un calzino sui punti strategici, chi vuoi che se ne accorga?”. Poi cantavamo in coro l’ultimo bis, quello con cui chiudiamo tutti i concerti; uno, due e tre e la telefonata era finita. (il tastierista accenna di nuovo la Sinfonia dei giocattoli, e su quelle note parte una intonazione in rima, che parte rappata e che poi può diventare anche un canto sui ritmi della musica)

Ma très chère Cousina,
mai stata a Berlina?
Il vero cugino schietto
Con tempo buono
O abbietto
Per sempre W.A. Mozart Amadè
Far la cacca è dura, ahimé!

(la musica finisce, poi Mozart si mette un attimo a pensare, è astratto, e, come tutte le volte che si distrae, riparte di colpo la televisione, che trasmette frammenti minimi della versione karaoke di Rock me Amadeus di Falco, lentamente ritorna in sé, si riprende e si rende conto di quello che la televisione trasmette, interviene allora di corsa con il telecomando, ma non riesce a spegnere)

Oh, dico, ma questo qui non c’è modo di levarmelo di torno. Un’altra grande pensata del Leopold II: il direttore nuovo di Mozart TV. Mi dice, dammi retta: dobbiamo fare un concorso di wannabies, di imitatori, ce ne sono troppi in giro e bisogna che siamo noi a controllarli che se no la qualità è sempre più bassa, e poi guarda che bel risultato. Questa più che un’imitazione è una smorfia. E io, come un cretino, ci sono cascato dicendo: va bene, se dice così avrà le sue ragioni e ora mi ritrovo con questo bel capolavoro trasmesso ventiquattro ore al giorno e anche su MozartTV, anche se io l’ho proibito, ma figurati se mi stanno a sentire! E passi per il plagio, ma qui la situazione è disperata: questo qui non azzecca una nota! Tanto non glie ne frega più niente a nessuno, che sia io a cantare o quello squinternato, è la stessa storia, basta che vedano una parrucca simile! La cosa che mi irrita soprattutto è che per di più un po’ è anche colpa mia, perché non sono mai bravo a dire subito di no, mi piace fare l’artista, quello che non si interessa alla macchina della produzione, che è superiore a queste bassezze, e poi guarda che bel risultato. (si ferma un attimo a osservare le evoluzioni improbabili di Falco e quelle, ancora più assurde, del suo improbabile emulo karaoke). La parte che mi piace di più del testo è quando fa oh oh oh, lì sì che ha capito tutto di me; la canzone è un disastro, ma un po’ meglio di così si può pure cantare (silenzia con il telecomando la voce di Falco, parte la musica del karaoke e accenna all’ultima parte della canzone, appunti ropetendo in sequenza gli oh, oh, oh, oh). Va beh, ora non mi posso sciupare la voce, ma non è che ci vuole molto a far meglio... Devo vedere i provini nuovi che mi ha mandato Leopold II, che canzone abbiamo scelto per il provino della cover?

Il tastierista accenna in una sua personale versione Non so più cosa son, cosa faccio.

Mozart: Ah, già, Non so più cosa son cosa faccio. (parte il video di montaggio) La prima è così così, e quella che si è fatta il video finto-antico in bianco e nero, sembra un armadio a muro, nemmeno gli effetti speciali la salverebbero. (vedendo Maria Ewing) Questa qui mi piace, sa il fatto suo e poi ha fascino, carisma; quell’altra vestita da giocatore di rugby fa troppe smorfie da uomo. Buona l’idea, ma è davvero troppo legnosa e poi quella ginnastica sul divano non è di un gran gusto. Va bene aggiudicato, prendo quella con la collana d’ambra e con quelle labbra piene, è veramente giusta per la parte, tanto mi sa che è una vecchia conoscenza, non aveva già fatto anche Dorabella in America?

(Il tastierista annuisce, poi spegne il video e mette lui sogghignando una cassetta sfilano una serie di pubblicità vere e immaginarie su temi mozartiani)
Come jingle sono infallibile. Servo a vendere carta igienica, assorbenti, pannolini, ma soprattutto c’è una vera e propria ossessione con il cibo: c’è chi mi abbina a uno zampone, chi mi vuole con il gelato, c’è perfino chi crede che sono perfetto per la marmellata di prugne, ma sui cioccolatini poi è un delirio, sembra che non possa esistere una pralina senza che ci debbano mettere sopra la mia musica. E poi almeno usassero la mia faccia di ora: macché, per quelli io sono un eterno bambino prodigio. E scelgono sempre le immagini più zuccherose e improbabili (e neanche una è vera): Mozart con l’arpa e Mozart col nido di uccelli: da morire annegati nella melassa. (sullo sfondo del video, sempre più massiccia si delinea una enorme Mozartkugel accompagnata da musiche in stile, Mozart fa una faccia schifata, sconvolta, poi si ricompone, rivolgendosi al tastierista che lo fissa interrogativo) Scusa, lo sai, non riesco a farne meno, tutte le volte che penso alle orrende “palle” che hanno il mio nome, sto male. Io lo odio il marzapane, l’ho sempre odiato da quando ero bambino, per me è come mangiare veleno. La mamma per farmi passare questa avversione, una volta mi fece preparare il marzapane con lei, qualche volta quando ho gli incubi, vengono in mente a pezzi i dettagli di quella malefica ricetta (parla a singhiozzi, con la voce rotta, sempre più singhiozzante, ma non riesce a interrompersi, mentre sullo schermo passa il video della pubblicità delle mozartkugeln con le figure dalla pubblicità della Mirabell: la speaker sexy e il mastro pasticcere che sembra uscito da una pièce di Beckett) Pestate in un mortaio le mandorle con lo zucchero fino a quando non diventano come una crema. Aggiungete, poco alla volta l'albume e l'uovo intero e per ultima la farina passata al colino in modo che non si formino dei grumi. Fate riposare per qualche minuto e poi stendetela con l'aiuto di un mattarello allo spessore desiderato. Ritagliatevi la forma desiderata con gli appositi stampini oppure fate delle palline che passerete nello zucchero raffinato. (lo prende una frenesia motoria, poi guarda il tastierista che lo osserva ironico e infine si ferma) Sì, lo so che secondo te sono un ingrato, che dovrei solo ringraziarli per tutti i soldi che mi danno, ma c’è poco da fare, quando devo fare la pubblicità annuale per me è un incubo e me lo sogno per tutta la settimana prima. (compare sullo schermo una enorme Mozart Kugel che ruota ossessivamente, con tutte le scritte pubblicitarie al seguito). Lo so io quello che vuol dire fare quei tre cavolo di spot. Prima mi danno un pezzo della Mozart-barretta, poi mi danno il Mozart-cubo, quello poi te lo raccomando, non finisce mai, poi i fiori, poi il cuore di Mozart e dulcis in fundo, arriva, puntuale come una vendetta, l’orrendo sacchetto dei talleri di Mozart, che mi si appiccicano tutti alle dita, perché si sciolgono sotto la luce dei riflettori, per concludere in allegria con il simpatico violino di Mozart e a quel punto mi verrebbe da urlare. Sì, certo lo so che per lo più faccio finta, che do un morso e via, ma poi mi tocca fare gli sciacqui con il colluttorio per un’ora e per due giorni non sono in grado di cantare. (si ferma, come ricordandosi una cosa importante di cui si era dimenticato)
Mozart: Quando è l’ultimo provino?
Tastierista (fa un cenno con la mano, alzando due dita a v come Winston Churchill)
Mozart Ma ti costa tanto parlare? Che vuole dir quel gesto? Alle due, tra due giorni, tra due anni?
Il tastierista lo guarda allargando le braccia.
Mozart: Mai una volta che si possa contare su di te: ma dico io, cosa credi che sia facile tenere dietro a tutto, non mancare gli appuntamenti, non sbagliare il tono? No, non è facile per niente!
Il tastierista incrocia le braccia, come se avesse deciso di mettersi improvvisamente in sciopero.
Tutte le volte che dico qualcosa sul serio, allora faccio teatro, non ci crede mai nessuno, dicono che sto provando delle scene delle mie opere nuove, o che sono tutte situazioni che mi servono per girare un clip per MozartTV. La sincerità: no, mai, nessuno che se la beva. Wolfi è una maschera, si mette la parrucca del giorno come se fosse una maschera da due soldi al carnevale di Venezia e poi parte a ballare e a cantare e chi s’è visto s’è visto. Questa storia l’ha cominciata papà, che era ossessionato da quella mania dello show must go on, tutto fa brodo, basta che si vendano altri cinque cd.
Mentre fa questa sfuriata, il tastierista non lo prende minimamente in considerazione, tira fuori il cellulare e manda un sms, durante questa azione dal fondo arriva la cantante, che si muove con impaccio, con tutta la timidezza di un’esordiente che si trova di fronte a un musicista celebre, tanto per la propria musica, che per le proprie intemperanze, come nella tradizione di A Chorus Line, guarda il tastierista come per cercare sostegno e lui la guarda come dire, lascia perdere. Mozart si risveglia dal suo accesso atrabiliare, si rende conto che è arrivata la ragazza per il provino.
Mozart: Ma mi vuoi dire che è arrivata la signorina? Mi fai fare una figura da insensibile. Scusalo, sembra che lo faccia apposta a mettermi in imbarazzo. (il tastierista sospira. Mozart prende un tono da rockstar benevola). Hai portato il curriculum? (gli porge un foglio e lui lo analizza attentamente) Ah sì, hai cantato all’opera di Rejkjavik, ma anche con un duo tecno indiano, qualche esperienza come attrice in pubblicità, no, non ci posso credere, è un complotto: hai fatto anche lo spot delle palle! (si ferma di colpo, prende un’espressione accigliata…) Ti secca farmi un vocalizzo? (la cantante fa un vocalizzo, ad libitum). Mica male, bella grana, mi ricorda quella che avevamo l’altr’anno, no? Però meno diva, molto più “dentro” la musica. (il tastierista non risponde, anzi volta la testa dall’altra parte).
Lasciamo perdere che quello oggi ha la luna storta, comincia con l’aria di Despina (il tastierista diventa a tutti gli effetti un pianista accompagnatore secondo tradizione e la signora prende i modi classici di un soprano, adeguatamente impadronendosi di un’area del palcoscenico, lo schermo dietro diventa di un colore uniforme, come accadrà anche nel corso dell’esecuzione delle altre arie).

In uomini, in soldati, sperare fedeltà?
Non vi fate sentir, per carità!
Non vi fate sentir, per carità!
Di pasta simile son tutti quanti,
Le fronde mobili, l'aure incostanti

Han più degli uomini stabilità!
Mentite lagrime, fallaci sguardi

Voci ingannevoli, vezzi bugiardi
Son le primarie lor qualità!
In noi non amano che il lor diletto,
Poi ci dispregiano, neganci affetto,
Ne val da barbari chieder pietà!
Paghiam o femmine, d'ugual moneta
Questa malefica razza indiscreta.
Amiam per comodo, per vanità!

Mozart è colpito, la guarda per la prima volta sul serio.

Mozart: Non male, mi ricordo quando avevo presentato questa song in concerto alla Wembley Arena per la prima volta, con tutti che mi dicevano che questa volta avevo scelto un testo che non era per niente nelle mie corde, che avevo delle parole troppo pop, sì figurati. (al tastierista) Vero, no, che ora è proprio tornata di moda? Ci chiudiamo il concerto di stasera. Come ti chiami?
Cantante: Cristiana.
Mozart: Senti, Cristiana, dopo che abbiamo finito questo delirio a Shangai la prossima settimana andiamo al Gay Pride a Sidney, non ti dispiace mica di metterti degli abiti maschili, tanto ormai è tutto così confuso, che è davvero difficile vedere la differenza e l’importante è essere professionali, no? Devi cantare l’aria di Cherubino, lo so che non è nel programma stabilito, ma ho visto che hai fatto una cover ambient, non ti crea problemi, vero?

La cantante fa cenno di sì con la testa, lui le porge degli accessori maschili che lei si mette (un panciotto colorato o altro), rientra e intona l’aria del I atto di Cherubino de Le Nozze di Figaro.

Non so più cosa son, cosa faccio,
or di foco, ora sono di ghiaccio,
ogni donna cangiar di colore,
ogni donna mi fa palpitar.
Solo ai nomi d'amor, di diletto,
mi si turba, mi s'altera il petto
e a parlare mi sforza d'amore
un desio ch'io non posso spiegar.
Parlo d'amor vegliando,
parlo d'amor sognando,
all'acque, all'ombre, ai monti,
ai fiori, all'erbe, ai fonti,
all'eco, all'aria, ai venti,
che il suon de' vani accenti
portano via con sé.
E se non ho chi mi oda,
parlo d'amor con me.

Mozart: Preferivo come avevi fatto prima, ma anche qui brava, anche se si sente che questa non l’avevi preparata per oggi. Comunque sei arruolata anche per il Gay Pride e poi così stai proprio bene. Anche se lì, è ovvio, ci saranno un po’ più di lustrini, ma quelli non ti creano problemi, no? Mi ricordo di quando ho sentito per la prima volta questa canzone cantata dalla Bussani, che era brava a recitare, ma a cantare proprio per niente, e invece qui non si tratta di fare ammicchi sexy, tutto deve venire dalla voce. E ora invece andiamo sul drammatico, la terza aria che dovevi portare era quella di Donna Elvira, no?

Cambio di luce, che illumina con un occhio di bue il posto in cui si trova la cantante.

Ah, chi mi dice mai
Quel barbaro dov'è,
Che per mio scorno amai,
Che mi mancò di fe?
Ah, se ritrovo l'empio
E a me non torna ancor,
Vo' farne orrendo scempio,
Gli vo' cavare il cor.

(Un attimo di pausa, cambio di luce).

Mozart: Me lo ricordo, sì, me lo ricordo, a Praga, la prima volta. Però questa è un’aria che mi emoziona tutte le volte, mi toglie il fiato. Beh, ragazza mia, è questa la ricompensa per… (sta per pronunciare una sentenza storica, quando sullo schermo ricompare il logo della Mozart TV, lui afferra il telecomando, ma non riesce a spegnerla, continua ad andare, risuona una voce stentorea, in cui c’è qualcosa di più che un sospetto di ironia):

Voce registrata: Tra un’ora, solo un’ora, i fan di tutto il mondo potanno vedere Wolfie. Ragazzi, ragazze, potete vedere il concerto dal tetto del più alto grattacielo di Shangai, e forse del mondo, alle 22 su Mozart TV, cablata in tutto il mondo, o alrimenti, pay per view, sul vostro palmare o laptop, al costo di 1 dollaro ogni dieci minuti, IVA inclusa. Il concerto è offerto da Palla Inc., la ditta che produce il cioccolatino necessario, che tutti voi adorate…

Alla fine Mozart riesce a spegnere lo schermo, tra imprecazioni varie.

Mozart: E basta! Capisco che tutto ‘sto polpettone lo debbano rifilare ai fan, ma io non ne ho proprio bisogno, già che solo al vederlo quel maledetto marzapane, mi sento male. (si calma) Comunque, come ti dicevo… Che dicevo? Beh, con tutte queste interruzioni pubblicitarie… Sei stata brava, davvero brava.

Cantante Davvero?

Mozart Il contratto è tuo. (al tastierista) Puoi dire alle altre di andarsene, ma mettila in modo gentile: dì che le teniamo presenti per qualche provino futuro, per esempio a Buenos Aires il mese prossimo.

Il tastierista prende il cellulare e chiama qualcuno, ma non sentiamo la sua conversazione.

Mozart Guarda, abbiamo giusto il tempo per qualche istruzione scenica di base: non guardare mai nessuno del pubblico, tu canti per tutti, non per uno solo, ma in primo luogo per te stessa, rilassati, goditela, abbiamo solo un duetto, ma è facile, possiamo anche improvvisare e lo diciamo prima, così nessuno la fa lunga. Bisogna però che prepariamo un bis, la sai l’aria dei gioielli de Le Nozze?

Cantante Sì.

Mozart Vai allora.

Cantante:
L'ho perduta... me meschina...
ah, chi sa dove sarà?
Non la trovo... E mia cugina...
e il padron ... cosa dirà?

Mozart: Bene, bene davvero, il repertorio è fatto e ti scritturo anche per il concerto a Parigi per la parata del 1 luglio, lì canterai da in cima alla Torre Eiffel, sai dove c’è il ristorante panoramico. E poi devo parlare con il mio stilista per il tuo look, così siamo un po’ troppo sul semplice, sempre meglio di certi mascheroni che mi capita di vedere… (la televisione entra a interrompere il discorso per l’ultima volta)

Voce registrata: Tra un minuto, solo un minuto, i fan di tutto il mondo potranno vedere Wolfie. Ragazzi, ragazze, potete vedere il concerto dal tetto del più alto grattacielo di Shangai, Cina, e forse del mondo, alle 22 su Mozart TV, cablata in tutto il mondo, o alrimenti, pay per view, sul vostro palmare o laptop, al costo di 1 dollaro ogni dieci minuti, IVA inclusa. Il concerto è offerto da Palla Inc., la ditta che produce il cioccolatino necessario, che tutti voi adorate…

Mozart (con la voce ormai spenta) Ho capito, ho capito… (Pausa)

Cantante: (come leggendo il testo di un Bacio Perugina, o leggendolo effettivamente, a scelta) Maestro, è un gran teatro, il mondo, basta sapere che si cambia sempre parte, rimanendo se stessi.

Mozart: La fissa per un attimo, in fretta, poi, come se stessero per entrare in scena Cristiana hai ragione, e a proposito di parte, sul palcoscenico mettiti sempre da quella, devi sempre stare alla mia sinistra e devi guardare il cenno che ti faccio con la mano prima di cominciare, ok, proprio così. Le telecamere sono su di noi, non aver paura, seguimi, uno, due, tre, via… (le luci sul palcoscenico cominciano a calare e, prima piano, poi sempre più forte, esplode registrato il duetto di Papageno e Papagena, su cui si conclude lo spettacolo, mentre sullo sfondo scorrono mute per qualche istante le immagini del Flauto Magico di Bergman, andando poi lentamente verso il buio, con loro due in silhouette).

The End